mercoledì 20 maggio 2009

A tavola con il G8


Se è vero che gli accordi più importanti si concludono a tavola, non è del tutto fuori luogo dare un’occhiata al menù del G8 University Summit. All’una in punto di lunedì 18, primo giorno di lavoro, i discorsi ufficiali si interrompono e i delegati scendono nel cortile del castello del Valentino.


Ad attenderli non c’è un vero pranzo, ma uno spartano buffet. Ciascuno riceve un piccolo vassoio: “ci infili la mano dentro, come in una tavolozza”, spiega gentile un inserviente. Piatti e bicchieri si incastrano nei due vani predisposti. Ecco risolte i piccoli, comici inconvenienti tipici dei buffet: posate che cadono, ricerca spasmodica di un tavolo su cui appoggiarsi.


Le stoviglie sono altamente ecologiche: i bicchieri sembrano di plastica trasparente, ma in realtà sono fatti di una fibra di grano turco, facile da smaltire. Anche piatti e posate sono biodegradabili. Il buffet è preparato e gestito da “La fucina del gusto – biobanqueting”, ditta che ha tra i suoi obiettivi quello di promuovere una cultura del cibo attenta all’ambiente e libera da sprechi.


Due tipi diversi di roast-beef con pomodori, insalata di zucchini, una scodellina di formaggio con erba cipollina, gnocchi al formaggio, muffin di formaggio, pizzetta: ecco il menù. Niente intingoli e piatti ultraraffinati, ma una cucina internazionale che ammicca al Piemonte.


Muovendosi con disinvoltura tra i tavoli, alcuni mettono da parte per un istante l’ufficialità per concedersi qualche amichevole pacca sulla spalla. “Are you enjoying yourself?” chiede sorridendo il rettore Profumo, padrone di casa, ai delegati del Giappone. Si parla, si discute, si anticipano i temi del pomeriggio, ci si scambiano opinioni e pubblicazioni. Emergono anche i reali punti di vista, quelli che durante gli incontri vengono celati dietro le maschere dei convenevoli. “It will change anything (non cambierà nulla)” si lascia scappare qualcuno, riferendosi alla dichiarazione finale, punto d’arrivo del summit.

mercoledì 22 aprile 2009

Perché un giornale è come una nave

Nelle redazioni esiste una fase intermedia tra la scaletta (un brainstorming di idee) e il menabò (il disegno delle pagine). E' un foglio su cui si segna la posizione degli articoli in ogni pagina: si chiama TIMONE. Un caso? Una curiosa coincidenza? Non credo.
"Timone è un termine significativo". Sì, perché, lo ripetono spesso direttori e redattori capi, il giornale è una nave, a tutti gli effetti: ci sono compiti ben precisi, incarichi, mansioni. E ognuno ha il suo posto.
Il lettore è un passeggero: lo si porta a spasso nell'oceano dell'informazione. Che viaggio è il suo? E' una crociera o una traversata rischiosa a bordo di una carretta del mare?